mercoledì 20 marzo 2013

Più Bene che mai

"Gli Italiani continuano ancora ad andare, sempre a votare (votano, votano, votano) ma non si capisce perché votino. Per dare un senso a che cosa?
E quello è il guaio: non risolveranno mai niente con la democrazia. “Democrazia” nel senso di Hobbes, che la chiamava “demagogia”. Fu il primo a chiamarla col termine giusto...Non si può vivere con la vita, ma l’unica forma di governo che garantisca qualcosa cos'è? è la democrazia, paradossalmente è la più accettabile (se ne occupa Cioran molto bene). Ma vi domando: che cosa garantisce la democrazia che una dittatura non possa garantire? Certo, garantisce qualcosa: ma lo sapete qual'è, garantisce la invivibilità della vita. Non risolve la vita. Chi sceglie la democrazia, chi sceglie la libertà, sceglie il deserto. Se la democrazia fosse mai libertà. Ma la democrazia non è niente; è mera demagogia. Qualora noi meritassimo una libertà, dovrebbe essere affrancamento dal lavoro e non occupazione sul lavoro. Anche se non si scappa mai – questo è il discorso di Deleuze sulla letteratura minore, su Kafka – dalla catena di montaggio; non si sfugge mai, on n'echappe pas, dice lui, a la machine, non si sfugge da, alla macchina, non si scappa... la catena di montaggio diventa ancora più forte nella vostra strada che percorrete, poi nel tram, poi in auto, poi a casa, in famiglia aumenta ancora, si fa sentire l’oppressione della catena di montaggio, si fa sentire il nulla della via, questa pressione durissima - on n'echappe pas a la machine, non si sfugge alla macchina - non solo nella famiglia, financo nel lavoro, nella rivoluzione, nell'amore soprattutto si sente, diceva Deleuze, nella rivoluzione ancora di più, e soprattutto, la catena di montaggio si sente ossessiva, oppressiva, nell’entusiasmo, e soprattutto nell'entusiasmo. Queste non sono ciance.

Sono più dalla parte di chi non è, di chi davvero è povera cosa che sente il disagio di non esserci, non invidio nulla a chi sente il piacere d'esserci, mi spiego, mi sento molto vicino davvero all'immateriale, mi sento vicino all'inorganico, quando risero di Freud a Ginevra, aveva pronunciato "al di là del principio del piacere" avendo riletto molto bene Schopenhauer, tutti ridevano, cerchiamo tutti il nostro male, la nostra infelicità, l'uomo cerca di rendere sempre più infelice, differendo sempre il piacere... come accade nel differir l'orgasmo, nel differir la vita, la felicità è nel differirla, non nell'averla, nell'averla c'è la rogna di averla avuta.

Io mi occupo, e – purtroppo o per fortuna – si occupano di me, solo dei significanti, i significati li lascio ai significati... Noi siamo nel linguaggio e il linguaggio crea dei guasti; anzi è fatto solo di buchi neri, di guasti. “Codesto solo – dice l’Eusebio nazionale, cioè Eugenio Montale, però traducendo pari pari Nietzsche – oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.” E questo si può dire. Chi dice d’esserci è coglione due volte: primo perché si ritiene Io, secondo perché è convinto di dire; è coglione una terza volta perché è convinto di dire quel che pensa, perché crede che quel che pensa non sian significanti, ma sian significati, e che dipendano da lui, ma Lacan ha insegnato: “il significato è un sasso in bocca al significante”. Qualcuno ha da obiettare questa definizione? La obietti con i lacaniani, la obietti con Lacan, la obietti con intelligenza, certamente! Ma per me l’intelligenza è miseria... E’ ora di cominciare a capire, a prendere confidenza con le parole. Non dico con la Parola, non col Verbo, ma con le parole; invece il linguaggio vi fotte. Vi trafora. Vi trapassa e voi non ve ne accorgete. Voi sputate su Einstein, voi sputate sul miglior Freud, sull’aldilà del principio del piacere; voi impugnate l'ovvio, applaudite l’ovvio, ne avete fatto una minchia di questo ovvio, in cambio della vostra e del vostro comice [comizio] cui siete dannati, ma io non vi sfido: non vi vedo!

Non mi vergogno d’essere nell’equivoco italiota. Non mi interessano gli Italiani, ecco. Qualunque governo, come qualunque arte, è borghese: tutta l’arte è rappresentazione di Stato, è statale. E’ uno Stato che si assiste fin troppo. “Se no alla mediocrità chi ci pensa?”. La mediocrità, par excellence, è proprio lo Stato. Lo Stato dovrebbe smetterla di governare: si può dare uno Stato senza governo, mi spiego? ...Me ne infischio del governo, della politica, del teatro soprattutto.
.. Me ne frego di Carmelo Bene, io. Voi no, ma io sì... Lo Stato italiano … si è sempre abusivamente, incompatibilmente, eccessivamente occupato (si è stra-occupato) del qui presente-assente, di me. Ne ha proprio abusato; non ne posso più di questa haute surveillance. Lo dico da quand’ero ragazzo. Io ho chiesto sempre allo Stato (nei libri, per iscritto, nelle carte da bollo, fuori delle carte da bollo): “Per favore, voglio essere trascurato”; sono “un poeta” da ragazzo, poi sono andato di là dal poeta, ero “un artista”, poi l’arte l’ho riconosciuta borghese... Oblio dello Stato, oblio di me. L’artista, soprattutto il genio, vuole essere trascurato. Fa di tutto per trascurar se stesso! Già è sfuggito alle apprensioni di sua madre, che non l’ha lasciato suicidare in una pozzanghera, che l’ha sempre trattenuto e fermato, alla fine viene un ministro – proprio poliziotto – che ti si attacca e non smette più. Dico che la mediocrità dei ministri deve campare, deve sopravvivere anche quella, se no, a quella mediocrità dello Stato, alla mediocrità di Stato, “chi ci pensa?. Lo Stato si occupa della mediocrità della democrazia (cioè a 65 milioni di Italiani), 65 milioni di Italiani (da imbecilli, cioè Italiani) votano questo Stato, che è il loro stato di cose, quello che è stato è Stato e quindi non è stato mai.

Il giornale è un fatto anacronistico, via, perchè non è un fatto, no? sarebbe ora di finirla con questa libertà di stampa, via, mi sta bene la libertà di stampa se è libertà dalla stampa...La stampa informa i fatti, non sui fatti, la stampa mente, come sempre, devono campare, un panino almeno glielo vogliamo dare al mese ?...

Non fingo di interessarmi ai problemi della patria, all’Europa...Cos’è l’Europa? Di quale colonizzazione si tratta? Di colonizzare noi stessi? Altri? I popoli? Me ne fotto dei popoli... non mi interessa tutto quello che sconfina dal sangue allo sperma, e sconfina oltre, quindi al di là degli orizzonti adolescenti …tramontiani, mi interessava anche una volta, adesso nemmen quello mi tocca più, ma non adesso, da ancora prima di quella volta in cui ero adolescente... [zio pera che bello!]

Io ignoro. Io sono la mia s’ignora. Sono s’ignorante, sono un Signore. Diceva Flaiano a scuola “Sempre caro mi fu quest’ermo colle”. Diventa “Questa collina mi è sempre piaciuta”! Istruzione “obbligatoria”? Ma che siamo in Siberia? Ma perché bisogna istruirsi? Su che cosa? E poi chi deve istruirmi? Lo Stato? E chi è lo Stato? Ma chi l’ha votato questo Stato? Chi l’ha eletto?
 ... Come dice Deleuze, c’è un potere del teatro che è peggiore del potere dello Stato... Non sono dalla parte del potere, non ho poteri. Io sono incoerente come l’aere, più dell’aere.
Io sono per il grande teatro, cioè il grande teatro è quanto non è comprensibile, ecco, la vita si comprende? No, allora occupiamoci della vita, basta con il sociale...

In teologia si danno solo domande non risposte... quando parlo di dio lo intendo nel senso che Nietzsche invidiava a Stendhal, cioè "dio ha una sola scusa" diceva Standal, "non esiste"

Sono un capolavoro, attenzione qui la vanità è finita... basta con il produrre dei capolavori, ...bisogna diventare dei capolavori, l'arte è sempre stata borghese, consolatoria, idiota mentecatta stupida soprattutto è stata cialtrona e puttanesca e ruffiana, l'arte deve essere incomunicabile, l'arte deve solamente superare se stessa, ecco perchè tocca a noi, ma chissà a chi, una volta fuor di noi, essere un capolavoro, uscire fuori dal modo, come diceva san juan de la cruz, per pervenire là dove non va più modo, quello che gli gnostici si auspicavano, volevano, esigevano dall'informe, mi sono spiegato? Ecco, ma non posso che cercare di spiegare il mio disagio, non altro, non posso dare appuntamenti con il reale, appuntamenti con l'ovvio col logico col razionale, è questo, il buio, spegniamo le luci.

Io ho tanto disappreso. Ho disappreso nei millenni, non vi auguro di disapprendere tanto. Io applico quella agape schopenhaueriana – cioè quella compassione che non è cristiana, diciamo è più stoica, anzi è più gnostica, ecco – nei confronti della maggior parte di voi, meschini, in questa acquiescenza, in questo nullismo, in questo bagno di omologazione di Stato purché si accetti al di là del bene e del male, al di là della coscienza applicata, al di là della demagogia democratica, al di là della democrazia in tutti i sensi deprimente e depressa...
L’Italia è un condominio di piattume, di piattole rompicoglioni, insensate e squallide. Insignificanti...

Qualunque tuttologia è cazzata e qualunque problema è un falso problema. Una volta tanto, in questa trasmissione, si sta parlando davvero di cazzate, finalmente. Era l’ora di riconoscere che si parla sempre di cazzate! Questa sera stiamo dicendo che non stasera son cazzate, ma che sempre si parla soltanto di parole, cioè di cazzate. Senza che si offenda il fallo."





Grazie a Rita Monna.