"Gli Italiani continuano ancora ad andare, sempre a votare (votano,
votano, votano) ma non si capisce perché votino. Per dare un senso a che
cosa?
E quello è il guaio: non risolveranno mai niente con la
democrazia. “Democrazia” nel senso di Hobbes, che la chiamava
“demagogia”. Fu il primo a chiamarla col termine giusto...Non si può
vivere con la vita, ma l’unica forma di governo che garantisca qualcosa
cos'è? è la democrazia, paradossalmente è la più accettabile (se ne
occupa Cioran molto bene). Ma vi domando: che cosa garantisce la
democrazia che una dittatura non possa garantire? Certo, garantisce
qualcosa: ma lo sapete qual'è, garantisce la invivibilità della vita.
Non risolve la vita. Chi sceglie la democrazia, chi sceglie la libertà,
sceglie il deserto. Se la democrazia fosse mai libertà. Ma la democrazia
non è niente; è mera demagogia. Qualora noi meritassimo una libertà,
dovrebbe essere affrancamento dal lavoro e non occupazione sul lavoro.
Anche se non si scappa mai – questo è il discorso di Deleuze sulla
letteratura minore, su Kafka – dalla catena di montaggio; non si sfugge
mai, on n'echappe pas, dice lui, a la machine, non si sfugge da, alla
macchina, non si scappa... la catena di montaggio diventa ancora più
forte nella vostra strada che percorrete, poi nel tram, poi in auto, poi
a casa, in famiglia aumenta ancora, si fa sentire l’oppressione della
catena di montaggio, si fa sentire il nulla della via, questa pressione
durissima - on n'echappe pas a la machine, non si sfugge alla macchina -
non solo nella famiglia, financo nel lavoro, nella rivoluzione,
nell'amore soprattutto si sente, diceva Deleuze, nella rivoluzione
ancora di più, e soprattutto, la catena di montaggio si sente ossessiva,
oppressiva, nell’entusiasmo, e soprattutto nell'entusiasmo. Queste non
sono ciance.
Sono più dalla parte di chi non è, di chi davvero è
povera cosa che sente il disagio di non esserci, non invidio nulla a chi
sente il piacere d'esserci, mi spiego, mi sento molto vicino davvero
all'immateriale, mi sento vicino all'inorganico, quando risero di Freud a
Ginevra, aveva pronunciato "al di là del principio del piacere" avendo
riletto molto bene Schopenhauer, tutti ridevano, cerchiamo tutti il
nostro male, la nostra infelicità, l'uomo cerca di rendere sempre più
infelice, differendo sempre il piacere... come accade nel differir
l'orgasmo, nel differir la vita, la felicità è nel differirla, non
nell'averla, nell'averla c'è la rogna di averla avuta.
Io mi
occupo, e – purtroppo o per fortuna – si occupano di me, solo dei
significanti, i significati li lascio ai significati... Noi siamo nel
linguaggio e il linguaggio crea dei guasti; anzi è fatto solo di buchi
neri, di guasti. “Codesto solo – dice l’Eusebio nazionale, cioè Eugenio Montale, però traducendo pari pari Nietzsche – oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.”
E questo si può dire. Chi dice d’esserci è coglione due volte: primo
perché si ritiene Io, secondo perché è convinto di dire; è coglione una
terza volta perché è convinto di dire quel che pensa, perché crede che
quel che pensa non sian significanti, ma sian significati, e che
dipendano da lui, ma Lacan ha insegnato: “il significato è un sasso in
bocca al significante”. Qualcuno ha da obiettare questa definizione? La
obietti con i lacaniani, la obietti con Lacan, la obietti con
intelligenza, certamente! Ma per me l’intelligenza è miseria... E’ ora
di cominciare a capire, a prendere confidenza con le parole. Non dico
con la Parola, non col Verbo, ma con le parole; invece il linguaggio vi
fotte. Vi trafora. Vi trapassa e voi non ve ne accorgete. Voi sputate su
Einstein, voi sputate sul miglior Freud, sull’aldilà del principio del
piacere; voi impugnate l'ovvio, applaudite l’ovvio, ne avete fatto una
minchia di questo ovvio, in cambio della vostra e del vostro comice
[comizio] cui siete dannati, ma io non vi sfido: non vi vedo!
Non
mi vergogno d’essere nell’equivoco italiota. Non mi interessano gli
Italiani, ecco. Qualunque governo, come qualunque arte, è borghese:
tutta l’arte è rappresentazione di Stato, è statale. E’ uno Stato che si
assiste fin troppo. “Se no alla mediocrità chi ci pensa?”. La
mediocrità, par excellence, è proprio lo Stato. Lo Stato dovrebbe
smetterla di governare: si può dare uno Stato senza governo, mi spiego?
...Me ne infischio del governo, della politica, del teatro
soprattutto.
.. Me ne frego di Carmelo Bene, io. Voi no, ma io sì... Lo
Stato italiano … si è sempre abusivamente, incompatibilmente,
eccessivamente occupato (si è stra-occupato) del qui presente-assente,
di me. Ne ha proprio abusato; non ne posso più di questa haute
surveillance. Lo dico da quand’ero ragazzo. Io ho chiesto sempre allo
Stato (nei libri, per iscritto, nelle carte da bollo, fuori delle carte
da bollo): “Per favore, voglio essere trascurato”; sono “un poeta” da
ragazzo, poi sono andato di là dal poeta, ero “un artista”, poi l’arte
l’ho riconosciuta borghese... Oblio dello Stato, oblio di me. L’artista,
soprattutto il genio, vuole essere trascurato. Fa di tutto per
trascurar se stesso! Già è sfuggito alle apprensioni di sua madre, che
non l’ha lasciato suicidare in una pozzanghera, che l’ha sempre
trattenuto e fermato, alla fine viene un ministro – proprio poliziotto –
che ti si attacca e non smette più. Dico che la mediocrità dei ministri
deve campare, deve sopravvivere anche quella, se no, a quella
mediocrità dello Stato, alla mediocrità di Stato, “chi ci pensa?. Lo
Stato si occupa della mediocrità della democrazia (cioè a 65 milioni di
Italiani), 65 milioni di Italiani (da imbecilli, cioè Italiani) votano
questo Stato, che è il loro stato di cose, quello che è stato è Stato e
quindi non è stato mai.
Il giornale è un fatto anacronistico,
via, perchè non è un fatto, no? sarebbe ora di finirla con questa
libertà di stampa, via, mi sta bene la libertà di stampa se è libertà
dalla stampa...La stampa informa i fatti, non sui fatti, la stampa
mente, come sempre, devono campare, un panino almeno glielo vogliamo
dare al mese ?...
Non fingo di interessarmi ai problemi della
patria, all’Europa...Cos’è l’Europa? Di quale colonizzazione si tratta?
Di colonizzare noi stessi? Altri? I popoli? Me ne fotto dei popoli... non
mi interessa tutto quello che sconfina dal sangue allo sperma, e
sconfina oltre, quindi al di là degli orizzonti adolescenti
…tramontiani, mi interessava anche una volta, adesso nemmen quello mi
tocca più, ma non adesso, da ancora prima di quella volta in cui ero
adolescente... [zio pera che bello!]
Io ignoro. Io sono la
mia s’ignora. Sono s’ignorante, sono un Signore. Diceva Flaiano a scuola
“Sempre caro mi fu quest’ermo colle”. Diventa “Questa collina mi è
sempre piaciuta”! Istruzione “obbligatoria”? Ma che siamo in Siberia? Ma
perché bisogna istruirsi? Su che cosa? E poi chi deve istruirmi? Lo
Stato? E chi è lo Stato? Ma chi l’ha votato questo Stato? Chi l’ha
eletto?
... Come dice Deleuze, c’è un potere del teatro che è peggiore
del potere dello Stato... Non sono dalla parte del potere, non ho
poteri. Io sono incoerente come l’aere, più dell’aere.
Io sono per il
grande teatro, cioè il grande teatro è quanto non è comprensibile,
ecco, la vita si comprende? No, allora occupiamoci della vita, basta con
il sociale...
In teologia si danno solo domande non risposte...
quando parlo di dio lo intendo nel senso che Nietzsche invidiava a
Stendhal, cioè "dio ha una sola scusa" diceva Standal, "non esiste"
Sono
un capolavoro, attenzione qui la vanità è finita... basta con il
produrre dei capolavori, ...bisogna diventare dei capolavori, l'arte è
sempre stata borghese, consolatoria, idiota mentecatta stupida
soprattutto è stata cialtrona e puttanesca e ruffiana, l'arte deve
essere incomunicabile, l'arte deve solamente superare se stessa, ecco
perchè tocca a noi, ma chissà a chi, una volta fuor di noi, essere un
capolavoro, uscire fuori dal modo, come diceva san juan de la cruz, per
pervenire là dove non va più modo, quello che gli gnostici si
auspicavano, volevano, esigevano dall'informe, mi sono spiegato? Ecco,
ma non posso che cercare di spiegare il mio disagio, non altro, non
posso dare appuntamenti con il reale, appuntamenti con l'ovvio col
logico col razionale, è questo, il buio, spegniamo le luci.
Io ho
tanto disappreso. Ho disappreso nei millenni, non vi auguro di
disapprendere tanto. Io applico quella agape schopenhaueriana – cioè
quella compassione che non è cristiana, diciamo è più stoica, anzi è più
gnostica, ecco – nei confronti della maggior parte di voi, meschini, in
questa acquiescenza, in questo nullismo, in questo bagno di
omologazione di Stato purché si accetti al di là del bene e del male, al
di là della coscienza applicata, al di là della demagogia democratica,
al di là della democrazia in tutti i sensi deprimente e depressa...
L’Italia è un condominio di piattume, di piattole rompicoglioni, insensate e squallide. Insignificanti...
Qualunque
tuttologia è cazzata e qualunque problema è un falso problema. Una
volta tanto, in questa trasmissione, si sta parlando davvero di cazzate,
finalmente. Era l’ora di riconoscere che si parla sempre di cazzate!
Questa sera stiamo dicendo che non stasera son cazzate, ma che sempre si
parla soltanto di parole, cioè di cazzate. Senza che si offenda il
fallo."
Grazie a Rita Monna.